Quando si parla di canapa, spesso si fa riferimento a due termini: “indica” e “sativa”, ma quali sono le differenze tra le due “cultivar”?
Chiaramente, per quanto tali parole vengano utilizzate sempre più di frequente, è opportuno che si comprendano le differenze tra l’una e l’altra varietà di marijuana.
Prima di specificarne le peculiarità di ognuna, bisogna precisare che dalla canapa sativa e da quella indica derivano tutte le altre tipologie, definite “ibridi” in quanto rappresentano un buon mix di caratteristiche.
Gli ibridi, così come le piante “genitori” sativa ed indica, vengono categorizzati in base alla morfologia, agli effetti che sono capaci di determinare ed alla concentrazione di Cannabidiolo e delta 9 – tetraidrocannabinolo.
Infatti, la canapa sativa è riconoscibile sia perché può raggiungere ben 5 metri in altezza sia per le sue foglie strette e lunghe mentre, dall’altro lato, la canapa indica ha le foglie larghe ed è una pianta bassa e ramificata.
In merito agli effetti, possiamo dire che la canapa sativa è particolarmente energetica e tende ad eccitare e, non a caso, è quella usata per lo più a scopo ricreativo, mentre la canapa indica è la varietà preferita per il relax e per chi ha bisogno di calma e riposo, generalmente consumata appunto la sera. In ultimo – e non per importanza – è da precisare che la canapa sativa contiene thc in quantità superiore a quella del Cbd ed, invece, la canapa indica si caratterizza per l’esatto contrario, quindi il Cbd presente in quantità superiori al Thc.
Sulle coltivazioni, ovviamente, incide il contesto naturale all’interno del quale sono collocate e, in particolare, le piante subiscono l’influenza del clima tanto è vero che la cannabis sativa beneficia dei climi tropicali, mentre la indica no.
Dall’unione di queste due tipologie di canapa, possono nascere circa una quarantina di varietà ibride che rispondono alle diverse esigenze dei consumatori.
