Uno degli effetti più noti della Cannabis è la cosiddetta fame chimica (chemical hungry). Questa fame indotta dal consumo di cannabis viene sfruttata in ambito terapeutico per stimolare l’appetito in pazienti affetti da patologie come tumore o HIV.
Nel 2015, uno studio dell’Università di Yale pubblicato sulla rivista Nature ha scoperto il meccanismo d’azione che inganna il circuito neurale regolatore del consumo di cibo.
I ricercatori hanno studiato un gruppo di neuroni che guidano l’aumento di appetito indotto dal principio attivo THC. Si tratta di neuroni che, solitamente, favoriscono il senso di sazietà. Un paradosso. Perché questi neuroni, con l’assunzione di marijuana, scatenano una fame irrefrenabile e incontrollata?
Perché arriva la fame chimica? Fa ingrassare? Come frenarla?
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Fame chimica e cannabis: il meccanismo scoperto dall’Università di Yale
Alcuni neuroni che inducono il senso di sazietà, stimolati dal THC, riaccendono la fame. Un paradosso. Praticamente, il sistema cerebrale che controlla l’alimentazione viene ingannato. E’ come se si premesse in freno di un’auto ritrovandosi, invece, ad accelerare. Questa è la spiegazione fornita da Tamas Horvath, ricercatore che ha coordinato lo studio della Yale School of Medicine
Nello studio, i ricercatori hanno analizzato il funzionamento di due gruppi di neuroni: i recettori Cb1r (cannabinoid receptor type 1) che stimolano la fame e si attivano con l’assunzione di THC, e i neuroni Pomc (pro-opiomelanocortina) che, al contrario, inducono il senso di sazietà segnalando quando smettere di mangiare.
La ricerca ha dimostrato qualcosa di paradossale: l’attivazione dei recettori Cb1r aumenta l’attività delle cellule Pomc, eppure si viene spinti a mangiare anche a stomaco pieno. Perché?
Perché, con l’attivazione dei Pomc, questi neuroni rilasciano due molecole: l’ormone α-Melanocyte-stimulating hormone che dà un senso di sazietà e il neurotrasmettitore beta endorfina che dà un senso di benessere ed ha proprietà analgesiche. Quando, però i neuroni Pomc si attivano tramite i cannabinoidi, rilasciano soltanto la beta endorfina senza rilasciare più l’ormone anoressizzante, che sopprime la fame.
In sostanza, viene alterata la normale percezione del senso di fame, quindi di sazietà.
In realtà, sono oltre 10mila gli studi scientifici condotti sulla fame chimica indotta dalla cannabis. Tra questi, ricordiamo lo studio italo-francese del Neurocentre Magendie di Bordeaux coordinato da Giovanni Marsicano, secondo cui entrerebbe in gioco un fattore olfattivo presente nel recettore Cb1r. Se stimolato dal THC, il recettore Cb1r all’interno del bulbo olfattivo aumenta la sua attività provocando la fame chimica.
La fame chimica fa ingrassare?
La fame chimica fa ingrassare? Come frenarla?
Tende a manifestarsi, normalmente, dai 30 minuti alle 2 ore successive all’assunzione di cannabis. La fame incontrollata può naturalmente portare ad un aumento di peso per l’assunzione eccessiva di cibi calorici (soprattutto dolci).
Per frenarla il più possibile, è necessario seguire una dieta completa e soddisfacente, includendo snack spezzafame (spuntini leggeri e salutari, non cibo spazzatura).
Se la fame persiste, una strategia per frenarla potrebbe essere distogliere l’attenzione dal cibo praticando svariate attività che possano occupare la mente (bici, passeggiate, lettura, ecc.). Svolgere attività fisica prima di assumere cannabis permette di bruciare calorie per compensare quelle assunte a seguito della fame chimica.
Per controllare il peso, prova anche a cambiare tipo di cannabis preferendo al THC un’elevata concentrazione di CBD.
La fame chimica e l’assunzione di THC portano all’inibizione dei recettori della sete con conseguente rischio di disidratazione. Si consiglia di bere almeno mezzo litro di acqua dopo aver assunto cannabis per prevenire non solo l’idratazione ma anche un’eventuale insufficienza renale.
La cannabis light provoca fame chimica?
Il senso di fame varia da soggetto a soggetto, in base al tipo di cannabis assunta (e relativo contenuto di THC). Ad esempio, la specie Indica stimola maggiormente l’appetito rispetto alla Sativa.
La cannabis light ha un basso contenuto di THC (0.2% – 0.6%) ed un’elevata percentuale di CBD. Di conseguenza, gli effetti del THC non sono percepibili: il CBD distende e non sembra sollecitare i recettori Cb1 che inducono alla fame chimica.
In più, il CBD, secondo certi studi, stimola la produzione di enzimi che scompongono più efficacemente i grassi bruciando calorie ed ostacola l’azione di proteine coinvolte nella formazione di cellule adipose. Quindi, pare favorisca la perdita di peso.
Il senso di fame dipende anche dalla modalità con cui si assume cannabis: la combustione e la vaporizzazione, le temperature elevate sprigionano i cannabinoidi. Va da sé che il fumo stimola maggiormente la fame rispetto all’assunzione di cannabis tramite preparati alimentari.